Oggi è davvero una bella giornata. Cielo limpido aria tersa, non è freddo e fortunatamente non c’è nemmeno traccia di quell’odioso caldo umido che spesso ha caratterizzato questo inverno romano. Per quanto mi riguarda la giornata perfetta per andare in moto. Ma purtroppo oggi è lunedì, e di tempo a disposizione per una bella gita non ce n’è davvero.

Facendo mente locale mi rendo conto che è da più di due mesi che non tiro fuori dal box la SP-1. Per carità, lei sta benone la dentro. Dopo l’ultima gita, immaginando di non poterla prenderla con facilità, ho provveduto a fare il pieno, gonfiare le gomme, ingrassare la catena e non mi sono nemmeno dimenticato di lucidarla tutta. Lei, contenta, è in letargo in un angolino del box sicura di poter prendere il via in ogni momento, grazie alla preziosa compagnia di un fedelissimo mantenitore di carica. Un quadretto pittoresco, che non aiuta comunque a togliermi dalla testa che una giornata come questa è fatta per andare in moto.

Ad aggravare la situazione il mio atavico odio per il clima afoso che mi costringe a preferire di gran lunga i mesi freddi (o meglio, non siamo così drastici, diciamo da fine settembre ai primi di giugno) per programmare qualsiasi tipo di utilizzo ludico della motocicletta. In questa ottica capirete bene come mi stiano bruciando le mani. I prossimi giorni si prevede tempo piovoso, per cui non ho nemmeno da indorare la pillola con la vana promessa di rimandare tutto a domani.
Sono alle corde. Devo reagire in fretta. Da una parte la confortante routine che ti mette a letto felice di aver fatto il tuo dovere, dall’altra il rischio di una scelta emotiva dell’ultimo momento che potrebbe anche mandarti a letto con mille rimorsi e nessun brivido da raccontare.
Proviamo a razionalizzare. Tempo a disposizione? Deve essere un’operazione segreta ed in perfetto stile feriale. Quindi necessariamente a cavallo del pranzo, diciamo tre ore al massimo. Partenza 12.30 ritorno 15.30. Itinerario? Ecco, a proposito di questo vi devo raccontare che in moto preferisco andare dove sono le montagne. Il che da Roma, se non si vuole esagerare con i chilometri, significa guardare ad est, tra le province di Rieti e l’Aquila.
Itinerari che amo e che conosco molto bene, ma che in tre ore potrebbe riuscire a portarli a termine solo John McGuinness (che peraltro ha patente UK e quindi a lui i punti in Italia non li levano nemmeno…). Devo necessariamente volgere lo sguardo altrove. Non ho alternative. Da un lato le montagne, più in su la Toscana (lontanissima), a ponente il mare. Brividi per me. O rimango a casa oppure decido di portare la SP-1 a fare un giro in spiaggia. Faccio finta di pensarci su, ma in realtà ho già deciso. Non ho più tempo. Salgo a casa, mi sfilo le scarpe, butto i jeans sul letto, infilo al volo giacca, casco, pantaloni, stivali e guanti. Pronti! Via al box di corsa. Salgo sulla SP-1, lei si avvia in un istante, si parte. Mezzo giro di Raccordo, poi la Colombo ed infine sarà Ostia la mia meta di oggi.
Ma non ho respiro. Devo subito provare a mettere a posto un paio di cose. La prima è una questione d’onore. Si tratta di mantenere sempre alto il di fiducia che si è instaurato negli anni tra me e la mia Honda. Certo, lei sa bene che i crescenti impegni familiari hanno significato una sempre minore frequenza delle nostre scorribande. Ma è una moto intelligente ed ha compreso che la quantità non è tutto. Si dimostra comunque felice nell’aver barattato qualche migliaio di chilometri all’anno in meno in favore di percorsi paesaggisticamente e dinamicamente più gratificanti. Un patto tacito che non ha bisogno di ufficializzazioni. Ok, ma oggi cosa le racconto? Sono sul Raccordo a velocità Codice, vengo continuamente sorpassato da qualsiasi tipo di mezzo. Lei sopporta, convinta che tra qualche minuto le regalerò una strada tutta curve per sgranchirsi le ruote. Ed invece in un attimo saremo allo svincolo per la Cristoforo Colombo, limite 80 km/h, radici dei pini in banchina e semafori ogni due chilometri. E dopo questo ennesima sofferenza, Ostia, non certo famosa per il suo autodromo.
Ad un tratto l’illuminazione. Stiamo andando al mare per un bellissimo set fotografico tra le dune dove la protagonista assoluta sarai ovviamente tu, mia cara SP-1. Mi convinco. Ce la posso fare. Azzecco il tono giusto e gli comunico la novità. Dopo un attimo di silenzio mi dice che per lei è ok, d’altronde tre lustri fa era una vedette internazionale e davanti ad un obiettivo è sempre a suo agio. Ottimo!


L’altra questione da risolvere è con me stesso. Cosa ci faccio al mare d’inverno con una supersportiva? A parte spiattellare le gomme, s’intende. Mentre ancora cerco di risolvere questo dilemma, sono già su una bella strada bianca affogata tra le splendide dune a sud di Ostia. Un paesaggio davvero suggestivo, ancor più godibile oggi grazie alla totale assenza di pubblico, eccetto un paio di macchine parcheggiate accanto ad un baretto verso la spiaggia. E pensare che qui l’estate è la guerra! Per la cronaca mi trovo nella zona dei Cancelli, sono sceso verso la spiaggia dal cancello numero 3. Inizio a scattare alla Honda le prime foto. Sono in un bel sentiero, posso scegliere tra zone di luce e zone d’ombra, sfrutto diverse focali per ritrarla ora in primo piano, ora immersa nel verde di questa macchia rigogliosa. Voglio provare anche altre location e continuo a percorrere il sentiero fino ad arrivare al mare. Sono controluce, ma un paio di scatti voglio farli anche qui. Il baracchino mezzo diroccato della Cassa all’ingresso alla spiaggia rende molto bene l’idea del mare d’inverno e l’artista che vive in me subito mi esorta ad inserirlo nello sfondo della prossima foto. Mentre tento disperatamente di posizionare la moto correttamente per lo scatto (sulla sabbia proprio non va, e pensare che ho provato anche a spiegarle che una sua antenata aveva vinto la Paris-Dakar), sbucano, da un avvallamento tra un chiosco ed una duna, due quadrupedi. Un bellissimo esemplare di Pastore Tedesco ed il suo amico, magari meno tedesco ma ugualmente pastore. Abbaiano ed iniziano a muovere sempre più velocemente verso di me. Ho la freddezza per un velocissimo momento di autoironia e capire in quale fantozziana situazione mi sia cacciato. Non voglio provare a ripartire. Per loro la mia fuga (eventuale, visto che sulla sabbia con le K3 Interact non si va troppo lontani) sarebbe un invito a nozze. Me li immagino già al galoppo pronti con le loro fauci ad azzannarmi la coscia destra, quella più a portata di cane. Mentre io fantastico quei due al piccolo trotto si sono portati a 10 metri dalla loro preda motorizzata. Tento la carta del silenzio e spengo la moto. Ma quelli mica sono cechi. E nemmeno afoni. E’ il Pastore Tedesco il più temibile, continua ad avvicinarsi, anche se adesso più lentamente, ed abbaia con sempre maggiore insistenza. Ho capito caro amico Fritz, sono capitato nel tuo territorio e non sono ospite gradito. Ora, se me ne dai la possibilità, mi ritirerò lentamente senza offendere ulteriormente il tuo ego. A proposito, ma in questi casi è meglio guardare negli occhi la bestia, iniziando una prova di forza che potrebbe tragicamente concludersi, nel mio caso, non solo con l’azzannamento, ma anche con la caduta dalla moto, oppure con indifferenza e sprezzo del pericolo guardare lontano la dove il cielo incontra il mare? Mentre decido per una giusta via di mezzo, tenere per quanto possibile sempre d’occhio le due fiere e quindi dirigere lo sguardo verso una immaginaria via di fuga, l’adrenalina inizia a farsi largo nel mio sangue, complice anche l’ulteriore avvicinamento dei due amici. Come un novello mago Silvan, con un gesto naturale e rapido, giro la chiave a metto in moto. Non serve nemmeno dare gas, rilascio la frizione lentamente ed inizio a muovermi a passo d’uomo. I due pastori mi seguono a pochissimi metri. La moto lentamente ritorna sulla pista battuta. A questo punto sarei pronto a salutarli con un bel prima seconda, involandomi verso la salvezza. Ma un insperato senso di sfida mi consiglia di continuare con quella marcia lenta. A tratti gioisco perché scorgo le loro sagome dagli specchietti. Un attimo dopo li ho nuovamente al fianco. Una tortura. Così mentre ringrazio sentitamente il padrone di questi teneri cucciolotti, dopo un altro paio di caroselli i pastori decidono che il divertimento per loro è terminato. Restano immobili sulla strada mentre io finalmente ingrano la seconda e riabbraccio la vita. A corredo di questa esperienza due foto che mi ritraggono insieme alla SP-1. Nella prima sono molto serio (ed anche sudato, visto che si tratta di un autoscatto che ho ripetuto diverse volte correndo avanti e indietro tra la macchina fotografica e la moto). Ero appena arrivato alle dune, nulla potevo immaginare circa l’incontro che avrei avuto di li a poco. Nella seconda rido come un pupo in braccio alla nonna. Scattata dopo la liberazione dalla prigionia dei lupi. Adrenalina ancora a fiumi ed evidente stato di estasi babbea. Ho anche provato a fare la faccia seria ma proprio non mi è venuta.

 

Mentre faccio gli ultimi scatti alla Honda, lo stomaco inizia a borbottare. Con tutto quel trambusto ho perso la cognizione del tempo. Sono le due passate. Devo sbrigarmi a tornare. Non ho tempo di pranzare. D’un tratto l’illuminazione definitiva. Quella che mi aiuterà anche a rispondere al quesito che mi riguardava, ovvero, cosa ci faccio al mare d’inverno con una supersportiva? Trovato! Vado ad Ostia a mangiarmi un paio di krapfen. Uno dei Krapfen più buoni di sempre, quello del Bar Paglia. Provatelo, un mito. Detto fatto, dai Cancelli dirigo nuovamente a nord ed in cinque minuti sono a via Anco Marzio a riscuotere il mio meritato pranzo.

La fame e la bontà dei due dolcetti mi fanno archiviare la pratica in poco più di un minuto, cappuccino incluso. Il tempo di attraversare il lungomare e sono sul molo per l’immancabile camminata digestiva. Si sta troppo bene. Un occhiata all’orologio. Sono le tre. E’ tardissimo, ma ad un giro in spiaggia non rinuncio. E mentre in tenuta da centauro raggiungo goffamente il bagnasciuga baciato da un tiepidissimo sole, mi accorgo che a volte per essere felici basti davvero poco. Quando imbocco di nuovo la Cristoforo Colombo, questa volta in direzione della Capitale, la SP-1 mi dice di essersi proprio divertita a trascorrere queste ore clandestine tra terra, sabbia, mare, cani, set fotografici e noiosissime strade dritte. Commosso la ringrazio e le prometto che la prossima volta saranno montagne.

Written by vivalamoto

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