Mentre sono già proiettato con la fantasia nella definizione dei contorni geografici e culinari che caratterizzeranno la mia prossima veloce odissea in sella alla bella Adventure made in Hinckley, Mario della Numero Tre di Roma si sta prodigando nel darmi gli ultimi consigli sulle mappature da usare e prima di un veloce saluto mi sistema la sella nella posizione più alta. Con il mio metro e ottantuno non sono certo un vatusso, ma così le gambe saranno giustamente distanti dalle pedane e viaggerò in tutta comodità.
Oggi piove, ma domani si prevede una giornata meteorologicamente spettacolare. Senza contare che sarà il primo giorno d’estate, ovvero il giorno più lungo dell’anno. La voglia di approfittare di così tanta luce suona come un imperativo: partenza all’alba, ritorno al tramonto.
Così stabilisco di cenare leggero e di andare a letto presto, come un professionista della Dakar, non voglio lasciare nulla al caso. Per ottimizzare i tempi, casco, stivali, guanti, giacca e pantaloni sono stati già stati sistemati ordinatamente in soggiorno. Anche la moka è pronta all’uso, basterà solo metterla sulla fiamma. La famiglia è in vacanza, ovvero la casa è deserta. Un po’ di tristezza ma anche la convinzione che riuscirò ulteriormente a limare i tempi di sbarbamento e vestizione non dovendo ricercare a tutti i costi equilibrismi in stile ninja per non rischiare di svegliare moglie e prole.
La sveglia delle 6.00 mi trova riposato e soprattutto concentrato. Quarantacinque minuti più tardi accendo il tre cilindri e parto. Nei primi metri insieme a questa 800, mentre cincischio a bassa andatura per riscaldarla e ritrovare il giusto assetto sulla moto, ripasso ogni svincolo ed ogni strada che dovrò percorrere. Ho ben in mente i chilometri che mi attendono. Spero solo di essere all’altezza e di non cedere alla stanchezza. Google Maps oggi riposa, ma all’occorrenza potrò contare su un fido brogliaccio simil road book tirato giù ieri sera su un paio di post-it.
Siccome la Tiger con il ruotone da 21” ed il becco sotto il faro già da ferma stimola l’immaginazione, ho faticato meno del previsto nel planning della giornata. Una moto del genere, che proprio per la sua inclinazione al turismo senza limiti è di per sé un inno alla libertà, merita di essere condotta su percorsi speciali, assoluti, mistici. Ok, il massimo sarebbe portarla a fare un giretto in Tibet, ma in ventiquattro ore non mi sembra un piano realizzabile. Devo trovare una soluzione.
Di certo questo one day trip non potrà prevedere strade dritte ed affollate in stile Roma-Ostia la domeniche d’estate. Anche perché, a parte la noiosità dei lunghi tratti rettilinei, ho una particolare avversione per il caldo quando sono in moto. E per giunta, la freschissima montura nera pece che indosso non credo riuscirebbe a limitare il mio arrostimento. Per cui gita fuoriporta oggi significherà ancora di più montagna. In questa stagione per me il massimo. Aria fresca, paesaggi verdissimi, ancora qualche chiazza di neve a farti compagnia, e soprattutto un traffico comunque limitato che ne massimizza la fruizione ed il godimento. Oltre ai classici passi dell’appennino centrale, ogni tanto devio per percorrere vie improbabili, quelle che se ti fermi a fare pipì non passa proprio nessuno ed a farti compagnia hai il brusio degli insetti ed il cinguettio di qualche pennuto. Le trovi su Google Maps solo quando zoomi parecchio, sono quelle righine strette, spesso tutte curve. Io le chiamo le stradine. Non c’è vero divertimento, se non ne percorro almeno una. E non dubitate, mi sono ugualmente impegnato per trovare un posto valido dove ritemprare fisico e mente all’ora di pranzo. Oggi non sono previsti arrosticini o amatriciane, mi voglio coccolare un po’ ed ho in mente di gustare qualche leccornia a base di pescato del giorno. Per tutto questo ho pensato che mi andrò a divertire in Abruzzo, regione generosa, verde, piena di belle montagne e di spiagge lunghissime che si gettano nell’Adriatico. Giro di boa previsto a Giulianova. Meta non casuale, almeno a giudicare dal costante richiamo che l’Osteria dal Moro ha sui miei sensi e soprattutto sul mio stomaco.
Trovata l’alternativa al Tibet, il viaggio di andata assume contorni definitivi. La scelta è caduta su un luogo per me ugualmente meraviglioso e senza tempo ma decisamente più a portata di mano. Campo Imperatore. Va bene, non starò qui a raccontarvi la storia dell’altopiano di origine glaciale ai piedi del Gran Sasso, piuttosto vi suggerisco di farvi un giro su repubblica.it per gustarvi il reportage fotografico che Lorenzo Costumato ha dedicato proprio a questa montagna. Tante volte la bellezza è accanto a noi e non ce ne rendiamo conto.
L’idea è quella di arrivare il prima possibile in vetta, evitando l’ora di punta. Voglio godermi questa moto da solo, con calma. Per questo, contro ogni più collaudato automatismo del motociclista, decido di percorrere la via più breve per arrivare alla mia prima meta della giornata. L’autostrada A24. Ok, non storcete la bocca, non è stata una decisione facile nemmeno per me. Diciamo che ho dovuto fare di necessità, virtù.
Così non sono neanche le otto e mezzo quando doppio Fonte Cerreto, a quota 1100 metri, punto di partenza della funivia del Gran Sasso ma soprattutto della bella strada che 26km più tardi mi condurrà sulla vetta di Campo Imperatore dopo una ascesa di 1000 metri.
Se avete voglia e soprattutto tempo, qui di seguito pubblico il filmato integrale di questa affascinante salita.
Mi rendo conto che l’enfasi del viaggio ha preso la mano, e non vi ho ancora raccontato le mie prime impressioni della tuttofare inglese che ho sotto le terga. Cerchiamo allora di rimettere ordine. Vi racconto un po’ cosa sono riuscito a capire dopo questa prima cavalcata autostradale.
La posizione di guida mi piace parecchio, le gambe assumono una piega piuttosto naturale, la sella è molto confortevole e la rastrematura del serbatoio permette un inserimento nella moto decisamente buono. Ho solo dovuto fare l’abitudine alla distanza un po’ eccessiva del manubrio dalla sella (il fuoristrada e la guida in piedi evidentemente hanno le loro necessità…), ma dopo qualche chilometro non ci fai più caso. I comandi sono morbidi, soprattutto l’acceleratore, i freni estremamente modulabili e assolutamente dimensionati, il cambio dagli innesti poco contrastati e vicini.
Nella guida in autostrada si è rivelata molto stabile e confortevole. Vista l’indole da globetrotter mi sarei però aspettato una maggiore protettività dello scudo parabrezza di serie, che lascia il casco del pilota scoperto. Immagino si potrà facilmente rimediare frugando nelle proposte dell’aftermarket. Il motore è sempre pronto, dolce, con un tiro ai medi convincente che limita davvero l’utilizzo del cambio. Le sospensioni mi sono piaciute tantissimo. Ma non è certo in autostrada che ti accorgi della loro efficacia. Vi dirò più avanti.
Tutto questo significa che quando arrivo a Campo Imperatore sono decisamente in forma, rilassato. Scendo dalla moto per fare delle foto. I ritmi della giornata so bene dovranno essere serrati se vorrò portare a termine senza handicap tutto il percorso. Ma prima di cavalcare nuovamente la bianca XCx mi sfilo il casco e mi godo la brezza tesa e profumata che mi sta investendo. D’un tratto medito su quanto sia bello il posto dove sono, così dietro l’angolo ma anche tanto distante dalla nostra quotidianità. Oggi nessun amico mi accompagna, e penso anche a come sia essenziale, a volte, perdersi nel nulla soli con se stessi. Che poi a ben vedere il centauro solo non lo è mai, perché ognuno di noi sa bene in cuor suo, che quell’ammasso di acciaio, gomma e plastica che frulla e scalda è invero cosa assai animata, sopra la quale all’istante si acquista energia, positività, gioia e voglia di scoperta.
Ecco, anche se questa Tiger ed io ci conosciamo da molto poco, la facilità con la quale si lascia condurre mi ha aiutato ad instaurare un feeling immediato. La sento come se l’avessi guidata da sempre. Inizio ad avvertire la rassicurante sensazione che lei sia la naturale prosecuzione del mio corpo.
Dopo questo rilassante time out devo proprio rimettermi in cammino, non ho nemmeno perso tempo a prendere un caffè, ma i minuti sono passati veloci lo stesso. Ora dirigo la prua verso est, percorrendo tutto l’altopiano. Mi vorrei fermare ogni chilometro e godermi questo angolo di paradiso, ma non si può, o meglio non si potrebbe, visto che vi confesso che alla vista di una piccola via sulla destra che portava nel nulla, il mio cuore non ha resistito e in un attimo l’ho imboccata. Un momento dopo, parcheggiata indecentemente proprio in mezzo alla strada, ero a filmare la moto girandole intorno mentre il motore continuava a borbottare. Io felice come un pupo, Lei fiera di potersi mostrare dall’indomani in tutta la sua essenza al popolo di Youtube. Per gli appassionati del genere pubblico il video qui di seguito.
Dopo una manciata di minuti riparto, destinazione Castelli, paese famoso fin dal Rinascimento per la produzione di ceramiche. Ma per me famoso soprattutto per la stradina che si deve percorrere per raggiungerlo scendendo dal Gran Sasso. Proprio una di quelle che vi raccontavo, tutta curve che per vederla bene devi ingrandire al massimo la mappa sul pc.
Evidentemente inebriato dai sapori e dai colori di questa montagna, ma anche parecchio inebetito dalla sveglia mattutina, piuttosto di svoltare a sinistra al bivio per Rigopiano, continuo a seguire la strada maestra, planando dopo qualche curva su Castel del Monte. Destinazione perfetta per dirigersi verso Pescara, ma sfortunatamente io ho in mente Giulianova, una cinquantina di chilometri più a nord e quindi non ho soluzione se non quella di voltare la moto e tornare indietro. Poco male perché ripercorrere queste curve in salita è altrettanto bello ed in un attimo riconquisto l’altipiano. Qualche metro e svolto finalmente a destra. Nel mirino Rigopiano e quindi Castelli.
Spesso le stradine sono una scommessa. Ci sono quelle davvero improponibili, quelle chiuse al traffico in determinati orari, quelle sterrate, quelle che poi c’è la frana e ti devi arrendere, quelle che sembravano stradine ed invece ad un certo punto incontri un cancello con due molossi ad abbaiarti contro e poi quelle come la stradina per Castelli. Per me tra le più belle. Fuori dal tempo e dallo spazio ti ritrovi avvolto da una galleria verdissima dove anche la luce intensa di questo sole a perpendicolo fa fatica a filtrare. L’asfalto è in pessime condizioni. Evidentemente corroso dai ghiacci invernali e dalla pressoché inesistente manutenzione. Si alternano brevi tratti rettilinei a tornanti, l’asfalto segnato e le buche lasciano il campo per lunghi tratti a zone ibride dove la ghiaia fa compagnia ad uno strato sabbioso. D’un tratto, immerso in questa foresta così rigogliosa, vengo accolto da un lungo gregge di mucche bianche che evidentemente sono convinte d’esser camosci, tanta è la loro disinvoltura nello scalare anche gli speroni più pronunciati. Questo stato sospeso, onirico, forse non ha precedenti. Sono tentato di accostare e scendere dalla moto per goderne appieno, ma come fossi davvero in un sogno, tutto deve scorrere e decido di proseguire.
La velocità media di questa discesa è ridicola, spesso sono proprio gli stretti tornanti a mostrare il peggior fondo stradale e così, anche senza forzare, accade di sentire l’ABS venire il aiuto, soprattutto sul posteriore. Per fortuna questa XCx infonde sicurezza, tant’è che dopo pochi chilometri mi diverto a forzare qualche frenata per sentire le leve pompare e capire quanto oggi l’elettronica possa venirti in aiuto.
Le sospensioni sulle buche si comportano egregiamente, sono scorrevolissime, morbide nella prima parte della loro lunga escursione, per diventare poi più sostenute. Un comportamento che risulterà assai propedeutico per divertirsi anche nel misto dove questa Triumph riesce a mantenere un assetto coerente anche quando i ritmi salgono e si inizia a tirare con più intensità la leva del freno. Forcella e mono posteriore mi sono sembrati lavorare in pieno accordo. E considerando che questo impianto è di tipo tradizionale (ovvero non semiattivo come su alcune realizzazioni di segmento superiore), ha dimostrato di essere decisamente a punto garantendo un confort di alto livello senza per questo inficiare il piacere di guida.
Arrivato a Castelli il sogno lentamente svanisce. Adesso mi accoglie una strada più ordinaria. Mi trovo anche nel mezzo di una corsa ciclistica amatoriale e mentre supero lentamente i corridori, ne approfitto per tirare a qualcuno di loro qualche metro di scia. Oramai la mente vola altrove. Sul menù di pesce dell’osteria di Giulianova.
Non ho prenotato e per fortuna arrivo prima di mezzogiorno e mezzo. Prometto di essere veloce per far posto ai clienti che di li a poco arriveranno sicuri di trovare un posto tutto per loro. Salto gli antipasti, squisiti ma troppo dispendiosi in termini di tempo, mi concentro su una chitarrina con sugo di pesce bianco e a seguire frittura. Tutto perfetto. Caffè al volo e rizzati! Niente Passerina questa volta. Oltre alle disposizioni del Codice, rischierei di ritrovarmi addormentato sulla spiaggia. Sarà per la prossima.
Di questa Triumph fino ad ora ho scoperto moltissimo del suo carattere turistico, di vera macinachilometri. Ho percorso strade differenti per tipologia, per qualità dell’asfalto, per velocità di percorrenza, e mi sono sempre trovato a mio agio. E dopo questa prima metà del tour mi sento ancora piuttosto riposato.
Solo dopo un improvvisato fuoripista di un quarto d’ora mi sono accorto di non avere la tecnica necessaria per affrontare con disinvoltura ciottolati e strade sterrate a bordo della XCx. Per carità, il motore aiuta non poco con la sua proverbiale morbidezza, i tratti off-road si percorrono in seconda marcia potendosi dimenticare del cambio, ma il peso della moto non certo da agile enduro monocilindrica ed il baricentro un po’ altino rendono l’esperienza in fuoristrada sì gestibile, ma a patto di rimanere sempre concentrati e di non esagerare con la velocità. Tradotto, mi è parsa una tuttoterreno decisamente più tarata per la guida su asfalto che per quella in fuoristrada. E per quanto mi riguarda, meglio così.
La via del ritorno sarà quella dinamicamente più coinvolgente. Adesso ho un po’ meno desiderio di gustarmi il panorama, mi voglio divertire tra le curve vere. Per questo imbocco proprio da Giulianova la SS 80 del Gran Sasso d’Italia. La prima mezzora vola via tra qualche sbadiglio ed un rifornimento di benzina. Poi, lasciata alle spalle anche Teramo, la strada inizia a farsi più interessante, con un asfalto decisamente più in forma di quelli calcati sino ad ora, anche se non scevro da imperfezioni. Tra queste curve ad ampio raggio la crossover Triumph si guida che è un piacere. Si avverte una fisiologica lieve inerzia dell’avantreno nei cambi di direzione dovuta al ruotone da 21” che comunque ripaga il pilota con una costante sensazione di stabilità nei tratti guidati. Sul misto veloce il segreto è mantenere una guida rotonda, evitando interventi troppo decisi su freni ed acceleratore. Qui mi sono anche trovato in un paio d’occasioni a cercare… la settima, tanta era la capacità del motore di spingere ai medi regimi anche in sesta. Proprio per questo, senza fare un uso sguaiato del cambio, si riesce a macinare tanta strada in poco tempo giocando soprattutto con l’acceleratore. Uno stile di guida poco nervoso che ha il vantaggio di consentire al pilota di concentrarsi maggiormente sulla pulizia delle traiettorie e sulla qualità dell’asfalto, oltre a garantire a fine giornata un paio di litri di carburante in più nel serbatoio.
Supero sulla sinistra il bivio per Prati di Tivo, altra bella tratta, ma oggi non ho tempo. Mi avvicino al Passo delle Capannelle. Sembra la festa del motociclista, tantissime moto, molte stradali, tante le italiane, ma a vincere sono le crossover, di tutte le cilindrate. La strada qui si fa più impegnativa mi concentro maggiormente, e tra poco lascerò la Statale per voltare a sinistra sulla SP86 che mi porterà dopo circa 20 Km nuovamente a Fonte Cerreto. E’ una delle strade che preferisco. Un misto stretto, senza sosta, a sinistra la montagna a destra la valle. La Provinciale percorsa in questa direzione agevola le curve a destra, mentre quelle a sinistra risultano cieche. Così per par condicio la percorrerò anche in senso inverso. Ovvero 40 km di puro piacere! Qui la Tiger è chiamata a dare tutta se stessa. Le staccate si susseguono senza soluzione di continuità, al pari delle accelerazioni. La moto mi stupisce da subito per una tenuta notevole soprattutto in relazione alla sua estrazione. Le gomme, di impostazione stradale, appalesano un grip decisamente alto, anche quando si ha la necessità di tenere ancora tirato il freno anteriore nella fase di discesa in curva. E se si vuole giocare a fare i piloti ed anticipare l’apertura del gas, il posteriore seguirà sempre diligentemente la linea indicata, evitando qualsiasi fenomeno di sovrasterzo. Solo in un paio di occasioni mi è venuto in aiuto il traction control, a dimostrazione della bontà dell’insieme gomme-ciclistica. In questi tratti si danza abbastanza spediti in terza e quarta marcia, ma credetemi se vi dico che non sarebbe un sacrilegio provare a percorrerli in quinta. Il motore infatti non presenta particolari picchi di coppia e basta farlo frullare sopra i 5000 giri per avere una risposta sempre interessante. Parliamoci chiaro, il tre cilindri 800 difficilmente vi staccherà le mani dal manubrio. Con i suoi 95 cavalli e gli 8 kgm di coppia risulta sempre gestibile e mai scorbutico. Magari i più smaliziati potrebbero desiderare un po’ più di cattiveria in alto. Per me la formula del divertimento su strada (sostenuta anche da molti autorevoli tester) dei 100cv per 200kg funziona davvero. Ok, potrei divertirmi magari ancora di più con una ventina di cavalli in aggiunta ai 95, ma credo che il beneficio in termini di efficacia e di piacere di guida sarebbe marginale. Piuttosto mi piacerebbe sentire meno soffocata la voce del Triple, che lo scarico omologato rende troppo mansueta, privandola di quel suo tipico timbro gutturale e rauco che renderebbe la guida ancor più esaltante.
Il cambio si dimostra veloce e con un buon feedback che ti fa comprendere subito il momento in cui entra il nuovo rapporto. I freni li ho amati fin da subito. Modulabili e potenti, non hanno denunciato affaticamento nemmeno dopo questo impegnativo tratto tutto curve. Di come mi sia piaciuto il reparto sospensioni ve ne ho già parlato, qui aggiungo soltanto che la forcella, con la seconda parte della corsa più sostenuta, aiuta a percepire chiaramente anche nelle decelerazioni più impegnative il lavoro del pneumatico anteriore. Ovvio che nelle curve strette non sarà la moto più veloce a prendere la corda, si tratta pur sempre di una crossover dal baricentro alto e con il ruotone da fuoristrada davanti, ma la facilità ed il senso di controllo con cui si lascia condurre nel misto vi farà scendere dalla sella a fine giornata con un bel sorriso stampato in viso.
Ho viaggiato sempre con la mappa più performante, la Sport, persino in fuoristrada. Nella guida stradale addolcire la risposta con la mappa Road di un motore dall’erogazione così regolare a mio giudizio non serve. Assente qualsiasi effetto on-off. A proposito, siccome in sesta marcia è possibile riprendere anche da regimi inferiori ai 2000 giri, significa che nel caso si voglia davvero guidare rilassati non ci sarà bisogno di utilizzare il cambio nemmeno durante l’attraversamento dei paesi in cui vige il limite del 50 km/h. Se vuoi la Tiger ti porta in sesta dai 45 all’ora alla velocità massima.
Adesso che mi sono divertito mi sento anche più sveglio. Meglio, visto che la strada che mi separa da casa è ancora tanta. Dirigo per il Lago di Campotosto dove percorro la sponda nord fino a Poggio Cancelli. Da qui verso Amatrice, un bel misto, che supero in surplace. Da Amatrice mi tuffo sulla Salaria. Sono gli ultimi 150 chilometri della giornata, tra due ore sarò a casa.
E che giornata! cinquecentocinquanta chilometri percorsi, circa undici ore di marcia. Sono esausto ma anche felice. Ho mantenuto il programma che avevo in mente, nessun inconveniente, tanto divertimento, giornata splendida. E cosi spero che anche la Tiger 800 XCx si sia potuta divertire, perdonandomi dopo tante curve e strade di ogni tipo i 100 km di autostrada di questa mattina. Io con lei sono stato benissimo, ed anche se adesso il mio fondoschiena rivendica una seduta casalinga in stile max-confort per la terza età, so già che domattina farò fatica a non ripetere la scorribanda. Grazie Tiger!
Ringrazio la concessionaria Triumph Numero Tre Roma per il generoso Test Ride.
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