I responsabili del progetto di questa KTM 1290 Super Duke R la soprannominarono La Bestia, in omaggio alle sue prestazioni maiuscole ed al suo look tanto essenziale quanto personale e rude. Una volta in sella si rimane estasiati dalla risposta nerboruta del suo fantastico bicilindrico, magistralmente imbrigliato da una ciclistica tanto efficace in qualsiasi scenario. Ergonomia al top.

COM’E’ FATTA

Il cuore pulsante di questa 1290 Super Duke R è il bicilindrico di 75°, 8 valvole, bialbero di 1.301cc. La potenza massima è di 177 cavalli a 9.750 giri/min mentre la coppia massima raggiunge i 141 Nm a 7.000 giri/min. Il corpo farfallato Keihin è da 56mm di diametro ed i pistoni sono forgiati. La frizione multidisco in bagno d’olio a comando idraulico è assistita ed ha funzione antisaltellamento. Il telaio è un traliccio di tubi d’acciaio al cromo molibdeno con elementi a sezione differenziata, verniciato a polvere, con telaietto reggi sella scomponibile. Le sospensioni vengono fornite da WP. La forcella upside-down ha steli da 48mm di diametro e garantisce una corsa di 125mm, è regolabile nell’idraulica in estensione e compressione. Il mono agisce direttamente sul forcellone monobraccio in alluminio, è completamente regolabile e permette alla ruota posteriore un’escursione di 156mm. All’anteriore la moto viene frenata da una coppia di dischi flottanti da 320mm su cui agiscono pinze ad attacco radiale Brembo monoblocco a 4 pistoncini. Al posteriore troviamo un disco da 240mm morso da pinza Brembo a due pistoncini. La moto implementa ABS Bosch 9.1 MP con funzione cornering. Interasse 1.482mm, avancorsa 107mm, altezza sella da terra 835mm, capacità serbatoio 18 litri, peso a secco 195 kg (203 in ordine di marcia). Di base sono forniti 3 riding mode: Sport, Street e Rain. Si differenziano per la differente velocità nel gestire l’apertura delle valvole a farfalla in funzione dei gradi di rotazione della manetta destra (più immediata nella Sport e quindi nella Street, più morbida nella Rain), per il livello di intervento del Traction Control, sempre più presente passando da Sport verso Street e quindi Rain, e per la potenza erogata, limitata a 130 cv in Rain, piena nelle altre due mappe.

COME VA

Saliti in sella si apprezza immediatamente la buonissima ergonomia di questa KTM. La posizione di guida è raccolta per favorire il massimo controllo e riesce comunque a mantenere braccia, gambe e schiena piuttosto morbidi, impedendo l’insorgere di precoci affaticamenti. Il serbatoio si fa apprezzare per le sue svasature generose (ma vincente è in generale la larghezza davvero ridotta del telaio)  che determinano un inserimento delle ginocchia da manuale, ed anche la sella, piuttosto stretta nella sua parte anteriore ed appena inclinata in avanti aiuta ad innalzare l’empatia con la nostra Super Duke R, garantendo sempre il giusto sostegno anche nella guida sportiva. A tal proposito si apprezza l’imbottitura, si sostenuta ma in grado di copiare efficacemente i volumi delle nostre terga innalzando il livello del comfort. Il manubrio, più largo delle spalle e appena rialzato, è posizionato poco distante dal piano di seduta permettendo di essere impugnato mantenendo una piega piuttosto evidente delle braccia. Le pedane sono arretrate e distanti quanto basta dalla sella per permettere al pilota di non affaticare le gambe neanche dopo diverse ore a cavallo di questa 1290.

Ho iniziato ad affrontare il misto cautelativamente con il ride mode Street. La risposta del bicilindrico si fa apprezzare per la sua robustezza, soprattutto superati i 3.000 giri/min, pur rimanendo sempre morbida nel momento in cui si inizia a ruotare l’acceleratore.  Anche guidando col classico rapporto in più, le variazioni di velocità permesse dalla Super Duke R sono quasi inimmaginabili ed assolutamente ridondanti per l’utilizzo stradale. L’elettronica è davvero ben tarata e rimane comunque confinata ad episodi di intervento marginali tanta è la bontà di questa ciclistica. Il vero stupore infatti, una volta prese le misure con la generosità del V2 di Mattighofen, riguarda la facilità con la quale La Bestia si lasci prendere per mano (o meglio è lei a prenderci per mano) tra una curva e l’altra senza in cambio chiedere un impegno psicofisico da MotoGP. E’ davvero elevata la maneggevolezza messa a disposizione del fortunato centauro, tipica di una cilindrata inferiore, ed ugualmente positiva è la comunicativa che aiuta anche chi pilota non è, come chi sta scrivendo, a comprendere chiaramente quale sia l’interazione tra gli eccellenti Metzeler Sportec M7 RR di primo equipaggiamento e l’asfalto, spesso disgraziato, delle nostre strade.

Così ben presto si sciolgono i timori che ci avevano assalito prima della prova. Sarò in grado di domare una moto del genere? Fortunatamente è proprio la Super Duke R ad indicarci la strada per guidarla in modo efficace, innalzando il senso di controllo ed il piacere di guida. Allora prendiamo coraggio ed inseriamo il ride mode Sport, il più appuntito, e rimaniamo sorpresi di come questa modalità sappia ulteriormente incrementare la prontezza di risposta del 1.301cc mantenendolo comunque morbido alla risposta e scevro da qualsiasi effetto on-off. Adesso ci siamo scaldati ed iniziamo ad essere più sciolti nelle manovre. Nelle esse siamo più incisivi, anticipiamo la piega della moto con i movimenti del busto all’interno della curva per farla svoltare ancora più velocemente ed innalzare ulteriormente la stabilità in percorrenza. E per velocizzare il riallineamento in uscita e buttarci nella successiva piega la contrastiamo leggermente al manubrio, comunque senza esagerare, sfruttando sempre la sua innata maneggevolezza che ci porta d’un soffio verso il punto di corda permettendo di avere sempre il giusto timing per ruotare con convinzione l’acceleratore in uscita. Qui conviene non farsi trovare impreparati ed avanzare in anticipo col busto caricando adeguatamente l’avantreno per impedire che si alleggerisca sotto la spinta furiosa del V2. Un minimo di fisicità per mantenere un’ottima direzionalità anche nelle fasi più dinamiche.

Ancora di più in questi momenti si apprezza l’eccellente lavoro svolto dalle sospensioni. Piuttosto scorrevoli nella prima fase di escursione aiutano non poco a mantenere il contatto delle ruote a terra anche in presenza di crepe e rattoppi, poi la loro risposta diventa più sostenuta limitando il beccheggio nelle frenate più intense così come nelle accelerazioni più goduriose. Da questo punto di vista il comportamento del mono risulta commuovente. Nonostante agisca sul forcellone in modo diretto, la sua progressività è lodevole permettendo tra l’altro in accelerazione una notevole trazione limitando a casi sporadici l’intervento del TC. I due dischi da 320mm all’anteriore si mettono in mostra per una potenza assolutamente esagerata l’utilizzo sportivo stradale ed evidentemente strizzano l’occhio alla guida tra i cordoli. Sempre morbidi all’attacco hanno una modulabilità più che discreta che potrà essere incrementata agendo sulla leva con un solo dito. Operazione raccomandata soprattutto quando avremo necessità di insistere con la fase decelerante fino in ingresso di curva (assente qualsiasi effetto autoraddrizzante). Il cambio vanta innesti sempre precisi e giustamente contrastati. La corsa alla leva è relativamente ridotta in tipico stile racing.

E cosa dire allora di questo pazzesco bicilindrico? Che pur rimanendo di un altro mondo in termini di prestazioni, fa di tutto per essere amichevole, senza rinunciare mai al suo carattere. Riprende dai 2.000 nei rapporti più bassi ma è dai 3.000 che inizia a spingere come un demonio, sfruttando la sua imponente coppia davvero ben distribuita su un arco di utilizzo estremamente ampio. Sta al pilota decidere se insistere nel rapporto o salire di marcia stemperando appena la risposta ma incrementando ulteriormente controllo e piacere di guida.

In autostrada, senza l’ausilio di alcuna protezione aerodinamica, conviene scivolare indietro con le terga sfruttando la buona lunghezza della sella ed inclinare il busto cercando un punto d’equilibrio con la massa d’aria che inevitabilmente ci investe, permettendo così a polsi ed avambracci di rimanere rilassati. Grazie anche all’eccellente inserimento il comfort risulta comunque discreto, aiutato ulteriormente da vibrazioni quasi assenti, appena avvertibili sulle pedane. Per cronaca il motore a 130 Km/h riposa a 4.500 giri. La stabilità in prossimità delle scie dei mezzi pesanti così come in presenza delle classiche giunzioni trasversali sui viadotti rimane sempre elevata e lo sforzo richiesto al pilota decisamente ridotto.

In città stupisce come questo insieme così apprezzato nella guida più dinamica possa risultare ugualmente facile da gestire anche alle basse velocità. Ancora una volta il bicilindrico sorprende, mettendosi in mostra  per la sua capacità di riprendere agevolmente dai 2000 giri (meglio 2.500 in quinta e sesta), rispondendo sempre con l’oramai conosciuto ed apprezzato temperamento. In questi frangenti il ride mode a mio avviso ideale è lo Street ma ho testato con soddisfazione anche lo Sport. Nelle ripartenze si apprezza la frizione (assistita) che richiede uno sforzo alla leva banale e si mette in luce per l’elevata modulabilità. Il cambio, qui utilizzato spesso sottocoppia, rimane piuttosto preciso e veloce. La maneggevolezza e più in generale l’equilibrio restano sempre su livelli elevati, evidentemente frutto del posizionamento delle masse azzeccato, dell’interasse ridotto rispetto alle potenze in gioco, e dell’ammortizzatore si sterzo davvero poco invasivo alle andature pedonali che anche nel classico zig-zag nel traffico non richiede nemmeno di sfruttare la buona leva offerta dal largo manubrio per far svoltare la Super Duke R in spazi angusti. Il calore del V2 si fa sentire soprattutto su polpacci e cosce ma tutto sommato, soprattutto se confrontato con unità simili, rimane tollerabile.

Ringrazio la concessionaria Bi e Ti per aver condiviso con me la loro passione ed aver quindi reso possibile questa prova.

Vi lascio in compagnia della voce di questo incredibile bicilindrico.

Written by vivalamoto