Honda per la nuova Africa Twin 1100 promette maggior potenza, minor peso, una migliorata ergonomia ed un’esperienza di guida più appagante in ogni scenario. Ma sarà davvero così?

COME E’ FATTA

Il cuore pulsante della rinnovata Africa Twin 1100 cresce dai 998cc della versione 2019 agli attuali 1084, aumenta la corsa, non varia l’alesaggio. L’architettura generale rimane confermata. Si tratta infatti di un bicilindrico parallelo, 8 valvole, un albero a camme in testa (Unicam), raffreddato a liquido e con fasatura a 270°, che lo rende un V2 virtuale. E’ dotato di due contralberi di equilibratura. Nonostante il raggiungimento dell’omologazione Euro5, aumentano le prestazioni. Adesso i cavalli sono 102 a 7.500 giri/min (+7cv) mentre la coppia raggiunge i 105Nm a 6.250 giri/min, facendo segnare un incremento di 6Nm. Il lavoro di affinamento generale di tutte le componenti ha permesso tra l’altro di far scendere il peso di ben 2,5 Kg.

Il telaio è stato completamente riprogettato pur mantenendo lo stesso disegno. Si tratta di un semi-doppia culla in acciaio accoppiato, questa volta, ad un telaietto reggisella scomponibile in alluminio, più stretto di 40mm rispetto al precedente per migliorare l’inserimento del pilota. Il peso complessivo scende di 1,3 Kg.

La ciclistica viene completata al posteriore da un nuovo forcellone in alluminio di derivazione CRF450 che Honda dichiara più rigido e più leggero di 500 grammi, sul quale agisce un mono pluriregolabile Showa attraverso cinematismo progressivo Pro-Link che permette alla ruota posteriore un’escursione di 220 mm. Davanti troviamo una forcella Showa USD pluriregolabile con steli da 45 mm ed escursione di 230 mm.

Tipicamente fuoristradistici i cerchi a raggi con diametro 21” anteriore e 18” posteriore accoppiati a pneumatici Metzler Karoo Street nella misura rispettivamente 90/90 e 150/70.

A frenare l’Africa Twin 1100 provvede davanti una coppia di dischi flottanti con profilo a margherita da 310 mm lavorati da pinze Nissin a 4 pistoncini ed attacco radiale, mentre dietro il disco fisso da 256 mm a margherita viene morso da pinza ad un pistoncino Nissin.

Decisamente completo il reparto “elettronico” nel quale spicca l’introduzione della piattaforma inerziale Bosch a 6 assi che porta in dote ABS Cornering oltre a vigilare sul funzionamento del controllo di trazione, dell’anti impennata e delle logiche di funzionamento del cambio a doppia frizione DCT, presente sul modello in prova. Bello e funzionale anche il display a colori LCD da 6,5” con funzione touch che permette, a moto ferma, di selezionare direttamente toccando il cruscotto (anche con i guanti) i vari parametri in modo intuitivo. Un caratteristica ancora più apprezzata vista la molteplicità degli interventi possibili (dai 6 ride mode ai singoli livelli controllo di trazione, anti impennata, freno motore, risposta acceleratore, esclusione ABS ruota posteriore). Tutte regolazioni altrimenti demandate ai tanti tasti posti sul blocchetto sinistro, che richiedono un periodo di assuefazione decisamente maggiore.

Di tipico stampo ON-OFF le misure della nuova Africona, con un interasse di 1.575 mm, altezza sella 870/850 (disponibile in opzione più alta di 25mm e più bassa di 35mm), sospensioni a lunga escursione, avancorsa 113 mm, inclinazione cannotto 27,5°. Il peso a secco della versione con cambio a doppia frizione DCT è di 222 kg che diventano 236 con il pieno di benzina (serbaoio 18,8 litri). La luce a terra è di ben 250 mm.

Per migliorare ulteriormente il confort e rendere più efficace la guida in piedi, il manubrio è stato rialzato di 25 mm. La versione Urban è equipaggiata con parabrezza maggiorato e top case da 35 litri. Dotazioni che innalzano il prezzo rispetto alla versione standard di 100 euro. La nostra Africa Twin 1100 Urban DCT ha un costo di listino di 16.090 euro FC.

COME VA

In sella si rimane subito favorevolmente impressionati dall’ergonomia generale. E’ tutto dove ti aspetti su una moto di questa impostazione. Piace la nuova posizione del manubrio, largo senza inutili eccessi e con le estremità rivolte verso il pilota, che si lascia impugnare mantenendo polsi e braccia morbidi. Una condizione ideale per garantire confort anche sulle lunghe distanze e tanto controllo quando si alza il ritmo.

La seduta, stretta nella parte anteriore, incrementa ulteriormente il buon inserimento offerto dalle generose svasature del rinnovato serbatoio. La larghezza mediana e posteriore aiuta invece a trovare facilmente la migliore posizione di guida evitando peraltro precoci indolenzimenti alle terga. Il buon grip superficiale e l’imbottitura mediamente sostenuta ne rivendicano l’anima fuoristradistica, ulteriormente garantita dalle pedane distanti e centrali che disegnano una piega delle ginocchia morbida e naturale.

Il passeggero può contare su una porzione di sella ampia e su pedane distanziate e relativamente avanzate. Può ancorarsi agevolmente ai due ampi maniglioni integrati nel portapacchi.

Il nuovo bicilindrico mantiene immutate le ottime caratteristiche di fluidità del suo predecessore incrementandone in modo avvertibile la spinta a partire dai 2.500 giri circa. Una dote particolarmente apprezzata sia nella guida turistica, dove il maggior vigore in fase di ripresa limiterà l’utilizzo del cambio, sia in quella più sportiva risultando più lesto a prendere giri. Potendo fare affidamento sulla generosa coppia ben distribuita su un ampio arco di utilizzo, anche quando si vorrà alzare il ritmo risulterà poco redditizio insistere verso la zona rossa del contagiri, risultando preferibile anticipare la cambiata per stemperare appena la risposta e continuare a viaggiare veloci con un impegno ridotto. Insomma sarà sufficiente lasciarlo esprimere dai 4.000 per contare su ripartenze sempre pronte a prescindere dal rapporto inserito. Le vibrazioni sono sostanzialmente assenti, appena avvertibili sulle pedane nei transitori. Bello il sound di aspirazione quando si ruota completamente la manetta, una ciliegina sempre gradita che incrementerà il feeling con la nostra Africa Twin 1100.

La vera sorpresa della versione 2020 arriva probabilmente tra le curve, dimostrando uno stato di forma invidiabile, soprattutto in considerazione del suo carattere poliedrico ed ancor più della ruotona anteriore da 21”. Evidentemente gli affinamenti apportati alla ciclistica fanno sentire il loro contributo se per farla svoltare occorre meno impegno che in passato. Per iniziare la piega è ancora suggerito un piccolo contrasto al manubrio, ma è da centro curva che si percepisce un equilibrio incrementato, tanta tenuta, anche su asfalti rovinati, ed una volontà assoluta di mantenere la piega impostata senza richiedere alcun intervento. In inserimento si rimane positivamente impressionati dal beccheggio più controllato rispetto ad alcune concorrenti ed alla stessa Africa Twin 1000, mentre in uscita probabilmente il mono riesce a stupire ancor di più, garante di tanta progressività e motricità, e capace di mantenere comunque alto il posteriore scongiurando qualsiasi effetto sottosterzante. Una sensazione di controllo piacevolissima che se possibile viene incrementata dalla snellezza delle sovrastrutture che aiutano non poco a realizzare un completamento quasi totale uomo-macchina. Dove inevitabilmente si percepirà la maggio inerzia della ruota anteriore è nei cambi di direzione che non risulteranno mai macchinosi ma che richiederanno un po’ di astuzia nell’anticipare col busto la discesa in piega. Un espediente piuttosto intuitivo che renderà la guida decisamente più appagante e efficace.

Le Metzeler di primo equipaggiamento piacciono ancor più che per il buon grip, per il bel feeling che in combinazione con la comunicativa dell’avantreno incrementa il piacere di guida, permettendo quando necessario di proseguire la frenata fino in ingresso. Non sarà ovviamente un feedback così diretto come nel caso di moto di indole più sportiva (e con il 17” all’anteriore…) ma è pur sempre ammirevole come questa Honda si lasci un pochino strapazzare senza ribellarsi. Con l’unica accortezza di disegnare traiettorie il più possibile rotonde e raccordate per avere il massimo in termini di velocità di percorrenza.

La terna di dischi convince per morbidezza all’attacco e modulabilità, doti che risulteranno ancora più utili su fondi a scarsa aderenza tipici dell’off-road. La potenza non manca mai anche se i più smaliziati potrebbero lamentare una risposta leggermente gommosa della leva al manubrio nelle decelerazioni più intense.

Il cambio DCT ha raggiunto su questa Africa Twin un’efficienza ed una piacevolezza d’utilizzo ai massimi livelli. Le cambiate si susseguono rapide e morbidissime, al punto che diventa davvero difficile percepire il passaggio di marcia tra quarta, quinta e sesta, almeno finché si adotti una guida turistica. Nel misto può essere convenientemente utilizzato in modalità manuale, utilizzando i due tasti posti sul blocchetto sinistro (pollice per scendere di rapporto, indice per salire) o piuttosto in una delle quattro logiche automatiche sicuri di poter intervenire manualmente quando desiderato.

Il carattere da indomabile giramondo della Honda Africa Twin 1100 prende maggior consistenza nelle lunghe trasferte autostradali dove è capace di offrire tanta stabilità e confort anche quando in curva si attraversino le giunzioni più evidenti dei viadotti. Qui le sospensioni riescono a convincere soprattutto per progressività e scorrevolezza, trasformando questa Honda in un tappeto volante capace di isolare il pilota da qualsiasi perturbazione dell’asfalto. La protezione aerodinamica, grazie anche al parabrezza alto della versione Urban, è di buon livello. L’aria scivola sopra il casco senza nessuna perturbazione mentre le gambe possono godere del riparo offerto dalle generose svasature del serbatoio. Solo i più corpulenti potrebbero lamentare una limitata protezione all’altezza delle spalle, nulla comunque di realmente fastidioso.

Le doti di ripresa rimangono su alti livelli. A 90 km/h in sesta il bicilindrico riposa a circa 3.000 giri, regime al quale la tanta coppia a disposizione non richiede di scalare rapporto per raggiungere celermente la velocità limite. A proposito, ai fatidici 130 le vibrazioni sono praticamente assenti ed il contagiri gravita a 4.200 giri/min, un regime di tutto riposo ben lontano dalla zona rossa posta a quota 8.000.

Per sciogliere le briglie ad una moto del genere ed apprezzarne al meglio il carattere poliedrico meglio lasciare le strade asfaltate e dirigere decisi verso lo sterrato. Chi scrive non è certo fuoristradista, eppure, già dai primi minuti l’interazione con l’Africona è elevatissima nonostante la cavalleria in gioco la massa della moto non certo da agile monocilindrica. La prima sensazione positiva viene dalla posizione di guida in piedi, comoda e votata la massimo controllo grazie all’ottima presa delle ginocchia sul serbatoio ed al manubrio largo e rialzato che non obbliga mai ad abbassare il busto. Il motore ti prende per mano. La potenza c’è, eccome, ma qui è la dolcezza dell’erogazione ad innalzare il piacere di guida, ben gestita dal TC nel ride mode Offroad che permette di divertirsi in sicurezza permettendo coreografiche derapate prima di intervenire riportando la situazione sotto controllo. Le sospensioni impressionano una volta di più per la scorrevolezza e la voglia di incassare qualsiasi buca restituendo tanta direzionalità all’avantreno. A proposito la ruota da 21” fa alla grande il suo lavoro restituendo tanta sicurezza anche nella marcia su fondi non proprio amichevoli. Lodevole il DCT, qui usato in manuale, che consente di concentrarsi unicamente sulla guida lasciando liberi piede e mano sinistra. Un ausilio per me insostituibile, soprattutto nei passaggi più insidiosi.

Immagino che chi decida di acquistare un’Africa Twin la voglia utilizzare con profitto anche nel quotidiano tragitto casa-ufficio. Beh, se così fosse, ho buonissime notizie nella guida cittadina. Il busto eretto e la sella a 870 mm permettono di avere una visuale profonda ed incrementare tanto la sicurezza attiva. Il confort non manca certo, grazie alla posizione di guida ed al lavoro delle sospensioni, vincenti in offroad e assolutamente a loro agio sugli asfalti disgraziati delle nostre città. Per ultimo, ma non ultimo, il binomio motore-DCT capace di interpretare istantaneamente qualsiasi volere del pilota. Ho usato il DCT spesso in Drive, scoprendo un motore dolcissimo in basso ed in grado di tirare rapporti lunghi da velocità poco più che pedonali. Bellissime le vibrazioni di bassa frequenza quando si decida di insistere con la sesta sotto il limite dei 50 all’ora. Dopo diverse soste al semaforo si avverte un po’ di calore all’altezza del piede sinistro (posizionato all’altezza dei collettori di scarico), ma nulla di realmente fastidioso.

Ultima nota per il comando ride by wire dell’acceleratore. Morbido senza mai essere artificiale nella risposta, può essere impostato a piacimento su diversi livelli di intervento. Non abbiate paura nello scegliere quello più diretto per scoprire una risposta tipica di un comando a cavo ma anche morbidissima nei primi gradi di rotazione, scongiurando l’insorgere di qualsiasi effetto on-off.

Durante la nostra prova abbiamo percorso 20 chilometri con un litro di verde con l’Africa Twin 1100. Un risultato appena inferiore a quello dichiarato da Honda ma che reputiamo assolutamente positivo visto le prestazioni di cui è capace e l’utilizzo intenso del test.

Written by vivalamoto