Moto Guzzi sembra davvero puntare molto sul segmento delle classiche. Almeno a giudicare dagli importanti aggiornamenti che hanno interessato la versione 2015 dell’apprezzata V7. Sostituito il vecchio cambio a 5 rapporti con una nuova unità a 6, introdotto ABS e controllo di trazione, migliorata l’abitabilità e l’accessibilità della moto, abbassando la sella, le pedane e ruotando in avanti il motore guadagnando spazio per le ginocchia. La linea, a mio giudizio davvero coinvolgente, rimane la stessa del precedente modello, così come le versioni offerte: la Stone, oggetto della prova, con finitura opaca del serbatoio e raggi in lega, la Special con ruote a raggi e serbatoio in stile V750 S3 del ’75 e per finire la più esclusiva Racer con serbatoio cromato, assetto sportivo e manubri bassi.
Capirete quindi che la curiosità di testare una moto così ridefinita è stata davvero grande. Pur non trattandosi di una muscolosa roadster con 12 kgm di coppia o piuttosto dell’ultima sportiva da 200 cavalli, questa piccola Guzzi ha fascino da vendere. Ho ancora ben in mente le sensazioni provate a bordo di una delle sue antagoniste più accreditate, se non l’antagonista per eccellenza, la Triumph T100 Bonneville (trovate la mia prova qui https://www.vivalamoto.com/?p=83 ), e sono proprio curioso di scoprire se e come il Classic Made in Italy potrà insidiare la regina del mercato.
Salgo in moto. La prima cosa che noto è l’imbottitura relativamente dura della sella. Mi piace. Si ha subito la sensazione di poter contare su una posizione di guida attiva. Le gambe hanno davvero tanto spazio, soprattutto in considerazione dei volumi della V7 II che non sono certo da maxi. Il manubrio è perfetto, alto ma non altissimo, determina una postura del busto appena inclinata che permette di appoggiare saldamente le mani sulle manopole. A me piace guidare piuttosto avanzato e questa Guzzi mi asseconda grazie all’ergonomia del serbatoio e soprattutto alle teste dei cilindri che non interferiscono mai con le ginocchia. Benissimo, analisi statica decisamente positiva, ora mettiamo in moto.
Il bicilindrico di 744cc si avvia lesto e fa capire subito di che pasta è fatto scuotendo lateralmente la moto.
E’ talmente una goduria sentire un motore così energico che ho voluto subito ripetere l’operazione di accensione per sentirmi nuovamente sciaguattato da questo due valvole. Che sembra faccia di tutto per mettere le cose in chiaro sin dal primo incontro, appalesando una grinta davvero sorprendente.

Terminati i convenevoli inserisco la prima e parto. Alle basse velocità nel traffico questa Guzzi è facilissima e divertente. Il peso ridotto in 189 kg aiuta non poco a svicolare tra le macchine, la posizione di guida “sulla” moto e non “dentro” rende le variazioni di traiettoria ancora più veloci. La frizione sulle prime richiede un minimo di accortezza nella fase di attacco, mostrando una modulabilità relativamente ridotta, ma sa restituire poi una sensazione di controllo notevole. Sembra un impianto di stampo racing piuttosto che quello di una moto votata alla mobilità urbana ed al turismo. Il cambio ha una corsa non troppo lunga e gli innesti risultano sempre morbidi. Non mi piace la staffa metallica della leva che spesso interferisce con il piede sinistro e tra l’altro evidenzia una fattura piuttosto dozzinale, non in linea con la buona qualità di questa V7 II.
La cosa che più ti arriva al cuore rimane comunque questo insospettabile bicilindrico.
Il mix tra vibrazioni, quelle buone a bassa frequenza, e la tanta coppia in basso ti rapiscono sin da subito. Ora vi spiego. Appena dai gas la risposta è immediata, per ragionare con i noiosi numeri, da poco più di 2000 giri sino ai 5000 il V2 di Mandello va come una fionda. E non serve nemmeno ruotare troppo la manetta per divertirsi. Poi invece si addormenta inesorabilmente, quindi è assolutamente inutile insistere. Meglio passare anche prima dei 5000 al rapporto superiore (d’altronde è accreditato di 48 cavalli). Dopo qualche minuto di apprendistato mi sono trovato a guidare questa bella motina come facevo (oramai tanti, tanti anni fa…) con la XL 600 R. Cioè, neanche si trattasse di un mono, cambiando marcia appena era possibile, godendosi tutta la spinta pastosa dei bassi regimi. Per questo giochino ho trovato perfettamente accordata anche la nuova spaziatura del cambio, con rapporti piuttosto ravvicinati. Di (parecchio) differente rispetto alla XL 600 è la taratura delle sospensioni. La V7 dimostra tutta la sua italianità sfoggiando un setting decisamente improntato al duro. Quindi hai sempre massimo controllo e feeling di guida. Poi non saprei dirvi se rimanendo in sella per ore tanta rigidità possa risultare poco gratificante per le vostre chiappe, ma nel breve tempo in cui ho avuto a disposizione la moto per il test il confort non ne ha certo risentito. Anzi, devo dire che soprattutto la forcella mi è sembrata davvero ben tarata (e scorrevole) e capace si sostenere adeguatamente anche le frenate più intense. A proposito, i freni mi hanno garbato parecchio. Modulabili, soprattutto l’anteriore e con una buona potenza. Io freno abitualmente con un solo dito e il disco da 320mm ha sempre risposto adeguatamente.
Quindi abbiamo scoperto che questa 750 in città va benissimo, ma fuori come se la caverà?
Alla grande! Nel misto ci si diverte come dei bambini. La moto richiede pochissimo impegno. Le curve, anche quelle strette, si affrontano con molta naturalezza ed i cambi di direzione, anche a velocità un po’ più sostenute, risultano sempre facili, potendo contare su un avantreno comunicativo e dalla buona direzionalità. E parte del merito credo che, oltre all’efficace bilanciamento generale, possa anche essere attribuito alla ruota anteriore da 18 pollici, una giusta via di mezzo tra l’ormai standardizzata stradale da 17 e la più vintage (ma anche meno reattiva) da 19. Intendiamoci comunque, non vinceremo nessun gran premio della montagna con la V7 II, ma quando arriveremo al Passo, scenderemo di sella con in volto un sorriso.
Inutile che vi accenni alla protezione aerodinamica, inesistente. Mentre per future evoluzioni del modello chiederei una coppia di scarichi appena meno civili, perché il sound di questo V2 merita di potersi esprimere più liberamente.
Avrete capito che la moto mi è piaciuta, e questo, almeno per me, dimostra una volta di più come, per arrivare a toccare le corde delle nostre emozioni, a volte bastino pochi cavalli, magari ben addestrati e dal gran carattere. Certo che se Moto Guzzi decidesse di affiancare a questa V7 una sorellona un po’ più muscolosa, immagino farebbe la felicità di tanti altri motociclisti ai quali evidentemente i pur grintosi 48 cavalli della 750 possono stare stretti. Stessa ricetta, stesso look, ciclistica dimensionata alle nuove prestazioni, un motore intorno al litro di cilindrata, tanta coppia ed (almeno) una ventina di cavalli in più. E non ditemi che una moto del genere non vi piacerebbe vederla nello stand Guzzi al prossimo EICMA…
Ah, che distratto, stavo dimenticando di parlarvi del confronto con Sua Maestà Triumph Bonneville T100.
Vediamo di rimediare. Come piacere di guida la Guzzi per me è superiore. Lo stesso in termini di sicurezza attiva grazie all’ABS di serie ed al traction control. Il carattere del motore di Mandello del Lario è superiore, anche se il bicilindrico parallelo inglese riesce a convincere maggiormente in termini di prestazioni assolute (ha 20 cavalli in più). Lo stile, si sa, è cosa soggettiva. A me piacciono davvero entrambe. La Triumph piace per essere un classico tra le classiche, non cambierei una virgola della sua linea, casomai monterei di serie l’ABS e cerchi a raggi tubeless, la Guzzi mi attrae per la personalità del suo motore a V e per quel serbatoio dai volumi incredibili. Mi ripeterò, ma la V7 vitaminizzata non avrebbe rivali.
Ringrazio il concessionario Che Moto! Per il Test Ride.

Written by vivalamoto

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